“Per ben due volte, davanti a un Giudice, la Procura di Catanzaro non riesce a motivare i fatti per i quali pretende d’accusarmi e di portarmi in giudizio. Sa perché? Perché non vi sono né fatti né reati, perciò la famosa inchiesta di De Magistris non potrà che finire archiviata”.
Così “tuona” il deputato del Pdl Giovanni Dima, già Assessore regionale all’Agricoltura durante la presidenza dell’ex Governatore della Calabria Giuseppe Chiaravalloti. Ed eccoli, “rispediti” in Procura, gli atti relativi all’inchiesta su una presunta distrazione di fondi erogati dall’Agea (l’agenzia per le erogazioni in agricoltura dell’Unione Europea) al Dipartimento regionale dell’Agricoltura, che vede indagate undici persone. Tra esse proprio l’ex Assessore Dima. Leggendo le carte, l’altro ieri, il Giudice per l’udienza preliminare di Catanzaro Camillo Falvo ha pronunciato una nuova ordinanza praticamente identica a quella già pronunciata dal Tribunale collegiale catanzarese nel gennaio del 2008. Che in sostanza dice: non ci sono quei “fatti” cui la Procura vorrebbe dare rilievo penale. Ergo, le accuse formulate da ben due sostituti procuratori – prima Luigi De Magistris e poi Vincenzo Capomolla che l’altro ieri ha portato il fascicolo d’indagine al vaglio del Gup – sono generiche. Capi d’imputazione generici, dunque. Nell’ordinanza vergata dal Gup Falvo infatti si legge: “Le contestazioni mosse ai giudicabili, sia sotto il profilo spazio-temporale - condotte (tutte e senza alcuna distinzione) contestate come “consumatesi tra la fine degli anni ‘90 ed il 2005, in Catanzaro, altre parti della Regione Calabria e del territorio nazionale” – sia con riferimento alle singole condotte ascritte, sono formulate in modo generico in quanto non sono specificati i profili fondamentali dei “fatti” (…)”. E ancora: “con riferimento al capo d) della rubrica non sono specificamente indicati i finanziamenti comunitari indebitamente percepiti, né in che misura e a quali fini diversi parte delle erogazioni sarebbero state utilizzate dagli imputati; in quale attività sarebbe consistita la partecipazione di Novello Claudio al fine di far esercitare al Dima la sua influenza politica; con riferimento al capo e) non è indicata né la distrazione, né in cosa consisterebbe il riportato “fattivo contributo causale di Dima, Novello e Caruso”. Fu per questi ed altri motivi che il Tribunale collegiale, allora presieduto dallo stesso Giudice Camillo Falvo, nel gennaio del 2008 annullò il decreto che aveva già disposto il giudizio nei confronti di Giovanni Dima e degli altri dieci indagati. E gli atti vennero rimessi alla Procura, esattamente come accaduto l’altro ieri. La prossima puntata di questa singolare vicenda giudiziaria dovrà per forza intitolarsi in uno di due soli possibili modi: “archiviazione” o “processo”.
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venerdì 5 febbraio 2010
IL GUP: CONTRO DIMA “ACCUSE GENERICHE”
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